Inesorabile e inarrestabile è lo scorrere del tempo che noto sul mio volto e, soprattutto, dentro il mio cuore. Tante spine, in questi anni, hanno cercato di trafiggerlo ma una barriera è sempre stata presente per difenderlo dalle intemperie e dalle scosse; quella difesa eri, sei e sarai sempre tu cara mamma.

Un anno molto particolare è stato questo. Dopo diversi tentennamenti ho avuto il coraggio di riaprire il tuo primo studio legale e sedermi su quella tua seggiola che tanto amavi; un’emozione diversa dalle altre, con un po’ di rammarico per non averti al mio fianco.

Ho continuato il lungo lavorio verso la ricerca del mio Io, passando dal voler “cercare qualcosa” a “trovare qualcosa” che è ben più diverso, con un atteggiamento più aperto ma pieno di esperienza, di vissuto e con la voglia di non perdere la speranza. La speranza di che poi? Di vivere, di attendere qualcosa di meraviglioso e credere nel bello che questo mondo possa riservarci perché, alla fine dei giochi tutto, o quasi, si verificherà come noi vorremo; siamo solo noi gli artefici del nostro destino.

Bisogna sconfiggere tutti i muri che ci si pongono davanti se vi è quella voglia e volontà, non di rimanere in superficie, ma di entrare ancor di più nel nostro Io per capire chi siamo e poi, magari, saremo pronti a scoprire il prossimo cercando di connetterci non solo fisicamente ma, anche, mentalmente.

Tu, mamma, non eri connessa con me ma eri il mio cavo principale da cui ricevevo il segnale e, anche se quel cavo è andato desueto, lo potrò trovare dentro la mia pelle, i miei rispiri, i miei battiti.

Seppur, con accurata certezza, mi accorgo che questi dannati anni trascorrano in maniera rapida spesso tento, con scarsi risultati, di dilatare il tempo per non vedere quella fine che mi renda consapevole della tua mancanza. Mi troverei innanzi a una continua illusione, che sebbene sia a tratti appagante, è destinata ad essere disillusa e non poter costituire una solida realtà.

Il nostro rapporto, cara mamma, è simile, oserei dire, a quel fenomeno che nella fisica quantistica è chiamato entanglement, secondo cui due elementi distanti tra loro conservano un legame; come se potessero continuare a parlarsi e, aggiungo, ad amarsi. Questi elementi rimangono entanglend, cioè aggrovigliati e noi, mamma, lo rimarremo per sempre.

È innegabile non affermare che la ferita che porto dentro è diventata ormai sopportabile, però, capita anche che questa si faccia più acuta. Se fossi un sarto la cucirei con ago e filo, userei quello più spesso e disegnerei sulla mia pelle il tuo nome per guardarlo ogni giorno come fonte di ispirazione, passione, convinzione.

Molte volte paragono tutto all’infinito e, come una sorta di edulcorante, mi basterà semplicemente dire: “Cosa sono nove anni in confronto all’infinito? Nulla”; tutto così, in maniera quasi più romantica, diventerà meno doloroso.

Cara mamma ringrazio chi, in questi lunghi nove anni, c’è sempre stato ed in maniera particolare i miei amici più cari, di cui preferisco non fare i nomi, ma ognuno di loro sa che, nel suo piccolo, ha contribuito a migliorare le mie giornate e me stesso; di ciò ne sarò grato per sempre.

Ringrazio sempre te mamma che, anche se continui a goderti la tua “vacanza” in qualche angolo di Paradiso, rimani il più bel pensiero delle mie giornate.

Chiudo questa mia breve riflessione o chiacchierata sull’anno passato alla stessa maniera di quelle degli anni precedenti, con un tuo messaggio ricevuto la sera in cui mi trovavo dentro un frantoio oleario. Un messaggio che possa essere di aiuto non solo a me ma a tutti coloro i quali hanno avuto la pazienza di leggere quanto scritto:

“Ogni persona ha un suo destino ma molto dipende anche da come si affronta la vita. Bisogna sempre essere positivi e propositivi. Vedrai che si accenderà un sorriso.”

Ad maiora.

Aurelio, tuo figlio.